In Italia, i primi tentativi di coltivazione dei tartufi risalgono a quasi trent’anni fa.
I migliori risultati si sono avuti col tartufo nero pregiato mentre, maggiori difficoltà si sono incontrate con quello bianco.
Non sempre i risultati sono stati incoraggianti ma hanno aperto la strada per tanti appassionati che col tempo hanno affinato le tecniche di coltivazione del tartufo e sono riusciti ad ottenere dei buoni raccolti. Ovviamente, perché ci sia una buona riuscita, devono esserci adeguate condizioni, a partire da un buon suolo. Il tartufo vive nutrendosi dalle radici di altre piante, dalle quali ricava l’acqua.
Il tartufo è un fungo sotterraneo, quindi nella coltivazione è necessario elaborare un metodo che ricalchi quello seguito dalla natura, che fa vivere il tartufo in simbiosi con altre piante.
La micorrizazione è il processo artificiale col quale le radici delle piante vengono fatte entrare in contatto con le spore di tartufo. Il fungo, inizia così il suo processo di simbiosi.
La micorrizazione prevede che la pianta, in seguito venga collocata su un terreno adeguato ai tartufi. Questo procedimento si può attuare anche con piante già sviluppate. In genere vengono annaffiate con acqua e tartufi oppure con acqua che proviene dal lavaggi dei tartufi, per più volte di seguito.Esiste anche un’alternativa a questi metodi, che prevede l’acquisto di piante già micorrizate presso dei vivai specializzati.
Le certificazioni sono eseguite da enti specifici che si attengono ad un rigido disciplinare.
Per avere più possibilità di successo è necessario rivolgerci ad aziende che vendano piante certificate e di ottima qualità. In genere i vivai più grossi si trovano nel nord e nel centro Italia e sono in grado di fornire delle ottime piante micorrizate.
In Italia è permesso commerciare sette specie di tartufi; tra queste si può coltivare il tartufo estivo, quello nero pregiato e il bianchetto.
Teniamo in considerazione che i costi delle piante micorrizate sono differenti secondo il tipo di tartufo; normalmente quelle di tartufo nero pregiato hanno un prezzo superiore alle altre.
Per avere un buon successo, il suolo che ospita i tartufi deve rispondere ad alcuni requisiti. La coltivazione dei tartufi non è ancora infallibile e riuscire ad avere dei buoni raccolti è legato non solo al tipo di piante micorrizate ma anche al suolo dove impiantare la tartufaia.
Prima di tutto è necessario studiare l’altitudine, l’esposizione e il tipo di flora presente; in seguito si prosegue con gli studi sul pH, sulla percentuale di carbonato di calcio presente e sulla struttura del terreno. Il tartufo da coltivare si sceglie in base al tipo di suolo. Inoltre è necessario stabilire con quale pianta il tartufo può realizzare la simbiosi, tenendo in considerazione le caratteristiche del terreno e la sua posizione geografica.
Queste analisi, possono essere svolte da agronomi oppure ci si può rivolgere ai grandi vivai, che non di rado propongono servizi di questo tipo.
In alcuni casi è anche opportuno installare un impianto di irrigazione, per garantire la giusta umidità al terreno.
Il suolo dove impiantare le piante micorrizate deve essere opportunamente preparato. Bisogna eliminare la piante che possono arrecare disturbo alle varie operazioni o che potrebbero portare con sé altri funghi in grado di competere con i tartufi.
L’aratro deve essere passato in modo piuttosto superficiale e soprattutto nei periodi che precedono l’estate, in modo che eventuali altre spore presenti non sopravvivano. La scelta della pianta è fondamentale per la buona riuscita dell’impresa. Bisogna tenere in considerazione anche il tipo di ombra che riuscirà a sviluppare perché secondo il tipo di tartufo è necessaria una ombreggiatura maggiore o minore.
La piantagione è da fare in primavera o in autunno, verificando che non ci sia troppo freddo o che non sia nevicato. Anche la messa a dimore delle piante è un’operazione delicata, che va eseguita con il supporto di un tecnico specializzato.
Dopo la piantagione, bisogna provvedere ad annaffiare in maniera regolare per favorire la ripresa delle piante e delle micorrize. In oltre, bisogna verificare periodicamente la presenza di eventuali patogeni, predisporre eventuali potature delle piante e mantenere il terreno libero dalle erbacce infestanti.
Dopo qualche anno dall’impianto della tartufaia si dovrebbero iniziare ad avere i primi raccolti di funghi.
In alcune regioni italiane esistono dei contributi a favore di coloro i quali impiantano una tartufaia; le informazioni si possono richiedere presso la regione di appartenenza.